Dati sui disagi sociali

In questo spazio abbiamo raccolto alcuni tra i principali dati che possono offrirci un quadro della situazione del disagio individuale e sociale in Italia.
Come vedremo, nella maggior parte dei casi i disagi si sono acuiti negli ultimi anni in concomitanza del cronicizzarsi della crisi, per questo riteniamo che il generale aggravarsi delle condizioni di salute degli Italiani sia strettamente connesso allo stress generato dalla crisi ed a tutte le dinamiche psicofisiche da esso derivanti. Non siamo i soli ad azzardare questo tipo di correlazione tra crisi e malessere, infatti, secondo i risultati dell’indagine “Gli italiani e l’impatto percepito della crisi sulla psiche” condotta nel 2013 dall’ISPO emerge che: il 95% degli intervistati ritiene che la crisi economica e sociale abbiano determinato un aumento delle persone che soffrono di disturbi di vario tipo. Rispetto al duro colpo inflitto dalla crisi alle persone in termini di stress, paura, confusione, incertezza, inquietudine, etc… vi sono state risposte diverse a seconda dello stato di integrità del singolo individuo e del tipo di sostegno familiare e sociale di cui esso gode:

  • Le persone più forti, più sane e dotate di una buona capacità di gestire lo stress e di affrontare le difficoltà in modo costruttivo, hanno pagato un prezzo sostenibile, ovvero un generale senso di incertezza e di instabilità.
    Questo tipo di persone sono tendenzialmente in grado di creare rapporti stabili ed empatici e questo è un fattore di resilienza molto forte in quanto attraverso il mutuo-sostegno siamo in grado di stemperare gran parte della tensione generata dagli eventi stressanti.
  • Le persone con una certa fragilità o predisposizione al disagio hanno sviluppato una serie diversificata di sintomatologia e di patologie: ansia, panico, depressione, difficoltà socio-relazionali, ed altri. Le implicazioni di questi disagi si comprendono meglio se teniamo in conto gli effetti che il disagio dell’individuo può avere sulle persone che lo circondano: basti pensare ad esempio al tipo di ripercussioni che può avere un bambino se uno dei genitori è depresso o se non sa gestire la rabbia.
    Un ulteriore fattore aggravante risiede nel fatto che moltissime di queste persone non conosce la patologia di cui è vittima e quindi fatica ad individuare un professionista ed una cura adeguata.
  • Un terzo gruppo di persone riguarda tutti coloro che hanno cercato di bilanciare lo stress, l’angoscia ed il vuoto generato dalla crisi ricorrendo a qualche sistema di compensazione disfunzionale. Parliamo di modi diversificati ma dannosi di far fronte al disaggio: ad esempio ricorrendo ad eccessi di alcol o di psicofarmaci, a droghe piuttosto che sviluppando dipendenze da gioco, da lavoro, da shopping, etc…

ALCOL: 8,5 MILIONI GLI ITALIANI A RISCHIO, OLTRE 1 MILIONE GLI ALCOLISTI                                                                                                                      In Italia sono 9 milioni i consumatori a rischio di cui oltre 1 milioni giovani dagli 11 ai 24 anni e oltre 3 milioni di ultra 65enni. Si stima che in Italia siano oltre 1 milione gli alcolisti di cui solo 68.000 gli alcoldipendenti in carico ai servizi; l’1% ha un età inferiore ai 19 anni.
Preoccupano soprattutto gli adolescenti tra gli 11 e 17 anni, che non dovrebbero mai consumare bevande alcoliche, i giovani di 18-24 anni con il fenomeno delbinge drinking‘, le abbuffate di alcol, e gli anziani tra i 65 e 74 anni con un consumo giornaliero non moderato. E’ questo uno dei dati che emerge dalla relazione del ministero della Salute al Parlamento sull’alcol.

L’USO DI SOSTANZE STUPEFACENTI IN ITALIA
Dati relativi all’anno 2013-2014 (primo semestre) Dipartimento Politiche Antidroga – Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Se ci si sofferma sui dati registrati dall’Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze (EMCDDA) :Considerando la fascia di popolazione che va dai 15 ai 64 anni,siamo al primo posto in Europa (14,3%) per consumo di cannabis nell’ultimo anno; al secondo posto (6,9%), dopo la Spagna (7,6%) per uso della canapa nell’ultimo mese; al terzo posto (32%), dopo la Danimarca (32,5%) e la Spagna (32,1%), per consumo di cannabis almeno una volta nella vita. In tutti e tre i casi (+7,6%, +3,3%, +8,8%) i dati italiani sono sempre ben al di sopra delle rispettive medie europee. Non a caso siamo sempre sul podio, un primato che condividiamo solo con la Spagna.

Per quanto riguarda l’uso di cocaina, nella fascia 15-64, l’Italia è puntualmente al terzo posto per utilizzo nell’ultimo mese (0,7% della popolazione analizzata; +0,2 rispetto alla media europea), nell’ultimo anno (2,1%; +0,9%) e nella classifica di chi ha provato la polvere bianca almeno una volta (7%; +2,7%).

I dati dell’ultima Relazione al Parlamento 2013 sull’uso di sostanze stupefacenti e tossicodipendenze in Italia, elaborata dal Dipartimento Politiche Antidroga: cala il consumo ma tra i ragazzi è in crescita l’uso di cannabinoidi.
Nel dettaglio i numeri della Relazione parlano di 438.500 tossicodipendenti di età compresa tra i 15 e i 64 anni: di questi 277.748 non risultano essere in trattamento presso i servizi di assistenza dei quali, circa 520.00 dipendenti da oppiacei, 81100 da cocaina e circa 145000 da cannabis.
L’età media dei nuovi consumatori è di circa 34 anni. Le sostanze “preferite” sono per il 74.4% oppiacei, per il 14.8% cocaina, per l’8.7% cannabis.

GIOCO-DIPENDENZA (LUDOPATIA)MEZZO MILIONE DI MALATI, 6MILA GIÀ IN CURA                                                                       Mezzo milione di giocatori patologici– Sono infatti più di 500 mila i giocatori patologici in Italia (dati Cnr), un paese dove in azzardo tra schedine e on line, macchinette e gratta e vinci, ogni anno si spendono 80 miliardi di euro, duemila euro a persona in media. Un record che mette l’Italia tra i prini posti al mondo, unica ad aumentare il numero delle giocate da quando è scoppiata la crisi: più 25% ogni anno, mentre nel resto del mondo cala del 5%.

Più vittime nelle fasce deboli– Quasi la metà degli “schiavi” del rischio (40%) sono pensionati, casalinghe, disoccupati, fasce deboli della popolazione che cercano emozione, compensazioni affettive e soldi per arrivare alla fine mese. Ci sono anche tanti anziani over 65 che un po’ annoiati dalla loro vita da pensionati passano il proprio tempo dentro le sale giochi, conoscendo la ludopatia in età molto avanzata. Sono anche aumentate tantissimo le donne che giocano d’azzardo e che hanno praticamente raggiunto gli uomini, quando fino a pochi anni fa c’era una proporzione di 80 – 20 in favore del genere maschile.
100mila, secondo le stime di Alea, associazione per lo studio del gioco, i minorenni come lui che non riescono a stare lontani dalle slot machine, da partite on line, schedine e numeri. L’avanguardia di un esercito drammaticamente in crescita nel nostro paese, dove un teenager su quattro compra un gratta e vinci a settimana e l’11% è a rischio di gioco compulsivo.

DISAGI PSICOLOGICI IN ITALIA                                                                         Secondo una recente ricerca della Società Italiana di Psichiatria, sono circa diciassette milioni gli italiani con problemi di salute mentale: disturbi d’ansia, depressione, insonnia, disturbo post traumatico da stress. Problemi ai quali, come ha denunciato più volte lo stesso presidente della Sip Claudio Mencacci, non corrisponde un’offerta di cure adatte, visto che solo l’8-16% incontra professionista, e solo il 2-9% ha un trattamento adeguato, fatto di psicoterapia e farmaci. Quelli giusti, però. Perché l’altro tema che la questione della sofferenza mentale porta con sé è il grande abuso di psicofarmaci, cui gli italiani fanno sempre più ricorso: benzodiazepine, ansiolitici e ipnotici, ma anche antidepressivi, il cui uso, nell’anno in cui il Prozac compie 25 anni, è quadruplicato in dieci anni, secondo i dati del Rapporto Osservasalute 2012.
Un crescente interesse sembra essere rivolto alla relazione tra crisi economica globale ed aumento del rischio di sviluppo di problemi di salute mentale nella popolazione.
Paul & Moser (2009) hanno pubblicato una meta-analisi attraverso la quale hanno mostrato la presenza di problemi psicologici (tra cui depressione, ansia, sintomi psicosomatici) nel 34% delle persone disoccupate, rispetto al 16% di coloro che hanno un lavoro.
Un dato molto interessante è quello relativo ad una maggiore sofferenza psicologica dei disoccupati di giovane età e dai 50 anni in poi, rispetto alle persone di “mezza-età” che dovrebbero avere maggiori responsabilità familiari e maggiori pressioni finanziarie.
E’ stata ipotizzata, inoltre, una specifica associazione tra le difficoltà economiche e la sintomatologia depressiva, stante il numero crescente di persone affette da questo disturbo.

La prevenzione primaria e secondaria sono la prima arma, uno strumento attraverso cui si promuovono competenze specifiche, abilità, strategie che possono essere di grande utilità per anticipare il pericolo e gestirlo in maniera efficace “prima che peggiori”. Questo passo non può però prescindere da un momento fondamentale, quello che si basa sulla conoscenza del fenomeno, sul fare informazione, sull’insegnare alle persone cosa sono ansia, depressione e stress, come si legano tra loro, quali sono i fattori che li causano e soprattutto come riconoscerli, a partire dall’ascolto delle nostre sensazioni, emozioni e pensieri.

CONSUMO DI PSICOFARMACI IN ITALIA.                                       Secondo un rapporto dell’Aifa, gli italiani hanno incrementato l’uso di medicinali contro la depressione del 4,5% rispetto al 2004.

In crescita il consumo di antidepressivi da parte degli italiani: il dato è in aumento del 4,5% rispetto al 2004. Questo tipo di farmaci è usato soprattutto dalle donne e, secondo gli esperti, il fenomeno è legato alle conseguenze della crisi economica. E nel 2020, ha avvertito il direttore generale dell’Agenzia del farmaco (Aifa),Luca Pani, “la depressione, dopo le malattie cardiovascolari, sarà la patologia responsabile della perdita del più elevato numero di anni di vita attiva e in buona salute”.

Secondo uno studio della London School of Economics and Political Science pubblicato dal Daily Mail, in tutta Europa, ma specialmente in Italia e in Islanda è aumentato a dismisura il consumo di antidepressivi. Boom nell’uso degli ansiolitici, che ormai sono il quarto gruppo di medicinali acquistati (anche dagli under 25). Con pesanti ricadute sulla spesa pubblica.

Il Censis conferma che negli ultimi sei anni il consumo di psicofarmaci nel nostro Paese è aumentato del 16,2%.

 E secondo l’Aifa (l’agenzia italiana del farmaco) gli psicofarmaci sono diventati addirittura il quarto gruppo di farmaci più acquistati dagli italiani (78,7 dosi giornaliere ogni 1000 abitanti) e il quinto gruppo per spesa pubblica sul totale dei farmaci prescritti.  E’ assodato che il consumo di psicofarmaci da parte delle donne italiane è pressoché doppio rispetto a quello degli uomini.

STUDENTI ITALIANI I PRIMI IN EUROPA PER CONSUMO DI PSICOFARMACI (CNR DI PISA)

Li usano per migliorare le prestazioni a scuola e reggere alle lunghe notti in discoteca, per riuscire a dormire dopo aver preso troppi eccitanti o dimenticare la fame rincorrendo magrezze da carta patinata. Ma soprattutto per sballare “legalmente” mischiandoli con l’alcol. Il tutto all’insegna del fai da te, svuotando gli armadietti dei medicinali dei genitori o comprando in rete prodotti che stimolano la concentrazione, l’attenzione, il sonno o l’anoressia.

I dati. In tutta Europa i maggiori consumatori di psicofarmaci non prescritti tra i teenagers (15-19 anni) sono gli studenti italiani. Oltre duecentomila li hanno usati nell’ultimo anno, 395 mila gli under 20 che li hanno provati anche in passato mentre continua a crescere la fetta di coloro che diventano consumatori abituali, che li hanno ingeriti 10 volte o più nell’ultimo mese: sono 43mila, erano 27mila nel 2007. A lanciare l’allarme su un fenomeno in crescita costante, (a parte la cannabis le altre droghe sono stabili), è lo studio Espad italia (european school survey project on alchol and other drugs) condotto dal reparto di epidemiologia e ricerca dell’istituto di fisiologia clinica del consiglio nazionale delle ricerca di Pisa, (Ifc-Cnr).

Medicinali non prescritti. Se il dieci per cento in media dei teenagers italiani ha usato psicofarmaci, la media europea è del 6, a raccontare mercati paralleli, acquisti in rete, farmaci per migliorare prestazioni o compensare l’uso di altre droghe eccitanti. I dati del Cnr raccontano che il 17 % degli studenti tra i 15 e 19 anni hanno almeno una volta nella vita hanno utilizzato psicofarmaci non prescritti, il 9 % lo hanno fatto nell’ultimo anno. Si tratta prevalente di farmaci per dormire, utilizzati durante l’anno dal 6 per cento degli alunni, soprattutto ragazze (8% contro il 4% dei maschi)reggere. Seguono quelli per studiare meglio e più a lungo, per prolungare le notti: sono quelli per l’attenzione e l’iperattività di cui fanno uso il 3 % dei ragazzi. Usano medicinali nati per regolarizzare l’umore il 2,4 % di loro, stessa percentuale per quelli che fanno passare la fame

Italia, allarme depressione: ne soffre 1 persona su 4                                 

La depressione interessa 15 milioni di italiani, pari al 25% della popolazione (1 su 4) ed è in crescita costante, visto che nel 2000 i depressi erano “solo” 10 milioni. Sono alcuni dei dati presentati dall’Osservatorio Nazionale Salute Donna .
La depressione colpisce soprattutto il sesso femminile, con un rapporto maschi femmine di 2 a uno.
Secondo Shekhar Saxena del Dipartimento di Salute mentale dell’OMS “la depressione è molto più comune rispetto a malattie temute come l’AIDS o il cancro ed entro il 2030 sarà il problema principale da affrontare per i sistemi sanitari del mondo”. Essa colpisce in età giovanile tra i 18 anni ed i 30 ed il fenomeno acquista il carattere di vera e propria calamità sociale: secondo le stime recenti il 15% dei depressi si suicida.
Per colpa della crisi economica, la situazione è drammaticamente peggiorata. E se prima l’età media di insorgenza della malattia era tra i 20 e i 40 anni, oggi sono in aumento le manifestazioni precoci o tardive (in adolescenza o dopo i 50 anni).

INCIDENZA DEI DISTURBI D’ANSIA                                                              

In un quadro generale segnato da una crescente precarietà economica e lavorativa in cui vertono sempre più i giovani e le famiglie italiane di oggi, lo stress e l’ansia rappresentano una reale emergenza sociale, che minaccia sempre più l’integrità psicofisica e la qualità di vita delle persone.
L’ESEMeD (European Study on the Epidemiology of Mental Disorders) è il primo studio epidemiologico sulla prevalenza dei disturbi mentali effettuato in un campione rappresentativo della popolazione adulta generale italiana e di altri 5 paesi europei (Belgio, Francia, Germania, Olanda e Spagna). In Italia lo studio è stato promosso e coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS) nell’ambito del Progetto Nazionale Salute Mentale.
Dai dati risulta che le donne hanno una probabilità tripla di sviluppare un disturbo d’ansia rispetto agli uomini e che, sono più a rischio i giovani e non sposati, i disoccupati, le casalinghe e chi vive in città.

Nel 2011 la Lidap Onlus (Lega Italiana contro i Disturbi d’Ansia, da Agorafobia e da attacchi di Panico). Nel 2011 i dati riportavano che il 4% della popolazione italiana, (circa 2 milioni e mezzo di persone), soprattutto le donne, soffre di ansia, attacchi di panico e agorafobia. Fino al 2000 i numeri erano nettamente inferiori; dunque, ci si ammala di più.
Ansia e panico non risparmiano nemmeno bambini e adolescenti: i bambini hanno le spalle piccole e dunque hanno una maggiore difficoltà ad affrontare stimoli e situazioni più grandi di loro. Ansia e panico sono disturbi diffusi in età scolare; scuola e sport sono per loro le maggiori fonti di preoccupazione.

Nel 2012 emerge un nuovo scenario: la crisi economica come nuova fonte di stress e ansia. Un quadro disarmante emerge dallo studio dell’Eurodap, Associazione Europea Disturbi da Attacchi di Panico, su come gli italiani stanno vivendo questo lungo periodo di crisi. “Delle 500 persone, tra i 18 e i 65 ani di età, che hanno preso parte al nostro sondaggio, l’80 % si è detto preoccupatissimo per l’odierna situazione di crisi che sta vivendo l’Italia– afferma Paola Vinciguerra, psicologa, psicoterapeuta, presidente Eurodap – Tra le persone c’è paura, rabbia e in molti casi anche sensi di colpa. I pensieri che costruiamo in questa situazione di allarme, difficilmente potranno essere positivi quando non abbiamo più la speranza”. Solo 3 persone su 10, infatti, credono che inventare qualcosa di diverso sarebbe utile a superare questo brutto momento che sta vivendo l’economia, mentre il resto, purtroppo la maggioranza, non vede possibilità di individuare vie d’uscita per superare questo momento così difficile.

Mentre si discute ormai da tempo della crisi economica globale, meno attenzione è stata rivolta ai suoi effetti negativi sul benessere psicologico delle persone. Eppure l’assenza di sicurezze lavorative e di guadagno, la paura per la sopravvivenza, la mancanza di una reale prospettiva futura ed il generale senso di smarrimento hanno innescato una tensione tale da generare nella popolazione un vertiginoso aumento di ansia, stress, depressione, suicidi ed abusi o dipendenze di vario tipo ( droga,  gioco, alcool, psicofarmaci, etc…) comportando un complessivo peggioramento della qualità della vita.                                                                         
Secondo i risultati dell’indagine “Gli italiani e l’impatto percepito della crisi sulla psiche” condotta nel 2013 dall’ISPO emerge che: il 95% degli intervistati ritiene che la crisi economica e sociale abbiano determinato un aumento delle persone che soffrono di disturbi di vario tipo. Questi dati sono in accordo con quelli emersi nel rapporto Osmed 2014 sull’uso dei farmaci secondo cui gli italiani consumano un numero sempre più elevato di antidepressivi ed ansiositici.
La Calabria è una delle regioni più a rischio d’ Italia in quanto è la regione più povera d’Italia (quella con il Pil procapite iù basso e con il maggiore livello di sofferenze sui crediti totali) ed è inoltre la regione con il più alto tasso di disoccupazione (con un tasso del 59,7%); la situazione economica e lavorativa in Calabria è così grave da avere un “posto d’onore” nella lista nera d’ Europa!

Gli esperti annunciano che la situazione Italiana è allarmante e che, oltre alle politiche economiche e di sostegno sociale, sono necessarie azioni preventive, curative e di sostegno che permettano agli individui di sviluppare il più possibile “resilienza”, ovvero la  capacità di adattarsi alle avversità, affrontarle e riprendersi, uscendone a volte più forti di prima.

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